11 novembre 2019

"Divorzio all'Italiana" o "Matrimonio alla Calabrese"? I trasferimenti Statali ai comuni della Calabria

La puntata di Report “DIVORZIO ALL’ITALIANA” andata in onda su RaiTre il 04/11/2019 aveva illustrato l’iniquità dei trasferimenti Statali ai comuni italiani, soprattutto quelli del Sud Italia.
Il servizio poneva l’accento sugli stanziamenti per determinati servizi di due comuni presi ad esempio e cioè Reggio Calabria e Reggio Emilia, in particolare alcune affermazioni riportate nel servizio hanno fatto intendere che ci sia stato un "dirottamento" di ingenti risorse verso il nord Italia a scapito di risorse che per legge dovrebbero spettare al sud, ecco una trascrizione di una parte del servizio andato in onda:
In sintesi: Reggio Emilia ha 171mila abitanti, contro i 180mila di Reggio Calabria. Eppure Reggio Emilia spende 28 milioni di euro in istruzione, Reggio Calabria solo nove.
Ventuno milioni in cultura contro i quattro dei calabresi. Cinquantaquattro milioni in edilizia abitativa contro otto di Reggio Calabria; quasi 40 milioni in politiche sociali contro 17. Reggio
Calabria ha tre asili, Reggio Emilia 60. Come si spiega?
LUCA VECCHI - (Sindaco di Reggio Emilia)
Si spiega con una scelta che la città ha fatto storicamente.
MANUELE BONACCORSI (Grionalista di Report)
Dipende dalla spesa storica, essenzialmente
.”

(il video è disponibile qui)

A quanto riportato nel servizio si aggiunge anche quanto poi illustrato da Open Polis che contrappone quanto dovrebbe essere lo stanziamento spettante ai comuni del sud Italia se fossero attuati al 100% i livelli essenziali di prestazione (LEP) rispetto a quanto i comuni ricevono invece dal Fondo di Solidarietà comunale calcolato in parte con spesa storica ed in parte con fabbisogni standard (per le spiegazioni su cosa siano i LEP, FSC, Fabbisogni Standard ecc. vi rimando alle Note di lettura della Camera dei Deputati e alla sezione del sito IFEL "Piattaforma sistema perequativo" che saranno citate più volte nel presente articolo).

La maggior parte di chi ha visto il servizio di Report, e anche qualche movimento neo-indipendentista del sud Italia, ha interpretato quando riportato come se le risorse che per legge dovevano spettare ai comuni del sud Italia fossero state “dirottate” a quelli del nord Italia.
A dire il vero, nel corso del servizio televisivo, l’unica affermazione corretta la fa MARIA CECILIA GUERRA - SOTTOSEGRETARIO MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
Noi partiamo da due livelli così, qui ci sono le regioni più avanti, qui le regioni più indietro. Se io voglio fare un processo di livelli essenziali senza metterci soldi, quindi a parità di risorse, devo fare così: e allora questi vanno su, cioè le regioni del sud vanno su, ma le regioni del nord vanno indietro, devo far chiudere degli asili-nido all’Emilia Romagna per permettere, che so… alla Basilicata di aumentarli.

Quindi, come fa notare correttamente il Sottosegretario Guerra (e come noteremo più avanti anche noi), non c’è alcun “furto di risorse” da parte dei comuni del nord a danno di quelli del sud, semplicemente non ci sono risorse da ripartire perché mancano gli stanziamenti dei fondi da parte dello Stato Centrale. (e servirebbero tanti miliardi per attuare i LEP).

Ma le risorse ai comuni, per quante poche che siano, in che modo vengono ripartite con la legge vigente?

Nell’ordinamento vigente il compito di assicurare un'equa distribuzione delle risorse ai comuni è affidato al Fondo di solidarietà comunale (FSC), la dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale è di circa € 6.197,2 milioni di euro a decorrere dal 2017, tuttavia di questi solo una parte è destinata alla perequazione vera e propria , infatti abbiamo:

1) Una Quota "ristorativa" pari a 3.767,45 milioni di euro che viene ripartita tra i comuni interessati sulla base del gettito effettivo IMU e TASI relativo all'anno 2015, come derivante dall'applicazione del nuovo sistema di esenzione IMU-TASI introdotto dalla legge di stabilità per il 2016. Si tratta della quota incrementale del Fondo assegnata, nell'importo sopra detto, a decorrere dal 2016 dalla legge n. 208/2015, a ristoro del minor gettito derivante ai comuni (in altri termini tale quota copre il buco di bilancio creato dall’abolizione IMU-TASI sulla prima casa)
2) la c.d. quota "tradizionale" delle risorse del Fondo, che costituisce, quella cioè destinata al riequilibrio delle risorse tra i comuni, è stata quantificata dalla legge di bilancio 2017 in 1.885,6 milioni di euro per i comuni delle regioni a statuto ordinario e in 464,1 milioni per i comuni delle Regioni Siciliana e Sardegna (queste due ultime regioni hanno una “riserva” consistente su FSC rispetto al resto dei comuni Italiani, in altre parole ricevono molti più trasferimenti rispetto ai comuni delle regioni a statuto ordinario (RSO)).


Va sottolineato che l’attuale forma di alimentazione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale è prevalentemente “orizzontale” nel senso che è alimentato esclusivamente dai comuni stessi attraverso il gettito dell'imposta municipale propria (il 22,43% del totale dell’IMU), e non anche dalla fiscalità generale, come invece richiesto dalla legge n. 42 del 2009 in riferimento al fondo perequativo per le funzioni fondamentali. Anzi i tagli delle risorse del Fondo in relazione alle misure di contenimento della spesa ha comportato che i trasferimenti complessivi (cioè la quota versata dai comuni per alimentare FSC e le risorse distribuite tramite FSC) risultino negativi, ossia i comuni finiscono con il trasferire risorse allo Stato e non il contrario come dovrebbe essere.

Nel 2018, i comuni RSO che ricevono risorse dal FSC sono 4.326. Per tali enti il fondo netto (cioè la differenza tra il trasferimento FSC e l’alimentazione del fondo, escluso il ristoro IMU-TASI) è positivo. Complessivamente tali comuni percepiscono circa 1.674 mln di euro.
Nel 2018, 2.280 comuni RSO contribuiscono invece al fondo più di quanto ricevano. Tra questi 1.070 enti contribuiscono in misura superiore alla quota di alimentazione (c.d. enti incapienti).

Ma quali sono i comuni che più alimentano con proprie risorse il FSC e quale localizzazione geografica hanno?
I comuni che contribuiscono maggiormente al fondo sono concentrati tra gli enti con popolazione oltre 250.000 abitanti. Nel 2018, tali enti complessivamente, ricevono un trasferimento FSC netto pari al -88% della propria quota di alimentazione. Tali enti, dunque, oltre a perdere tutta la quota di alimentazione (22,43% del gettito standard IMU), contribuiscono al fondo aggiuntivamente in misura pari all' 88% di quest’ultima. (Le immagini seguenti sono tratte dalla sezione FSC dell'IFEL richiamata in precedenza)
Se si guarda alla riallocazione delle risorse tra i comuni raggruppati secondo le macro aree geografiche (nord-centro-sud), si osserva che i beneficiari del riparto sono concentrati in gran parte tra i comuni del Sud Italia.
In altre parole a mantenere “in piedi” l’attuale sistema di redistribuzione delle risorse ai comuni sono i grandi comuni (tipicamente con popolazione maggiore di 250.000 abitanti) e collocati geograficamente nel centro-nord Italia.
Vediamo cosa succede in termini di trasferimenti €/pro-capite.
Nelle figure sottostanti ho riportato la scomposizione del trasferimento effettivo FSC2018 (al netto della quota di alimentazione) per le attribuzioni dovute alle due componenti di calcolo del fondo: perequativa (in base ai fabbisogni e capacità fiscali standard) e storica. Il dato è espresso in euro pro-capite.

Ed ecco cosa succede nelle diverse aree geografiche del Paese:
In altre parole il saldo trasferimenti per alimentare “FSC --> Trasferimenti ricevuti da FSC” è sempre negativo (in media) per gli abitanti di tutti i comuni d’Italia se non per quelli residenti al SUD Italia: es. ogni anno in media i cittadini residenti nel nord-est trasferiscono al sud € 42,00 procapite del proprio gettito IMU.
Entriamo ulteriormente nel dettaglio e vediamo a quanto ammonta la quota di alimentazione del FSC 2018 per i comuni delle regioni italiane a statuto ordinario al netto dei trasferimenti ricevuti (cioè differenza di quanto per regione dai comuni viene trasferito al FSC e quanto ricevono per ogni abitante): 


Ogni cittadino dei comuni della Calabria riceve FSC netto in media € 110,62 €



Ogni cittadino dei comuni della Campania riceve in media € 97,84

Ogni cittadino dei comuni dell’Emilia Romagna trasferisce in media € 39,33 (in altre parole FSC è negativo):

Ogni cittadino dei comuni del Veneto trasferisce in media ai comuni di altre regioni € 31,71


Volendo possiamo scendere ulteriormente nel dettaglio ed esaminare i due comuni che sono stati richiamati nel servizio di Report, andremo ad estrarre i dati relativi al FSC 2018 dei comuni di Reggio Emilia e di Reggio Calabria, ecco cosa è accaduto nel 2018:
 
REGGIO EMILIA (Abitanti 2016: 171.491)
Quota 2018 per alimentare il F.S.C. 2018: € -8.609.565,93 (pro-capite: € 50,20)
Quota FSC 2018 Spettante: € 14.365.082,69
Netto FSC (entrate – uscite): € 5.755.516,76
Netto FSC per abitante: € 33,56
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REGGIO CALABRIA (Abitanti 2016: 182.551)
Quota 2018 per alimentare il F.S.C. 2018: € -6.633.875,03 (pro-capite: € 36,34)
Quota FSC 2018 Spettante: € 16.650.964,69
Netto FSC (entrate – uscite): € 10.017.089,66
Netto FSC per abitante: € 54,87 (+63,50%)

Notiamo come ogni cittadino di Reggio Calabria ha ricevuto nel 2018 circa € 54,87 contro € 33,56 ricevuti da un cittadino di Reggio Emilia un importo pertanto superiore del 63,50%.

Non esiste pertanto nessuno “scippo”, nessun “furto” di risorse a danno dei comuni del sud da parte dei comuni del nord Italia, esistono semplicemente delle risorse che sono insufficienti a garantire che il sud Italia possa fare “quel salto di qualità” che attendiamo da anni, dove trovare queste risorse e soprattutto chi dovrebbe “pagare” per coprire i relativi fabbisogni?
Sempre in tema di “risorse” a disposizione dei comuni del sud Italia non possiamo non fare riferimento alla capacità di riscossione dei comuni di tale area geografica, in particolare della Calabria (ne ho già parlato qui).

Le risorse trasferite dallo Stato Centrale per quanto “generose possano essere” non copriranno mai i fabbisogni reali se i comuni della Calabria riescono a malapena a riscotere in media il 34,56% delle rispettive entrate correnti (contro il 72,78% dell’Emilia Romagna), se provassimo a riprendere nuovamente i dati delle riscossioni dei due comuni citati nel servizio di Report e cioè i comuni di Reggio Emilia e di Reggio Calabria, ecco cosa avremo (dati rif. Rendiconto anno 2018):
Reggio Emilia percentuale di riscossione complessiva Imposte e tasse: 69,46%
Reggio Calabria percentuale di riscossione complessiva Imposte e tasse: 23,76%

Il sindaco di Reggio Calabria come pretende ulteriori risorse finanziarie se prima non riesce a riscuotere le proprie? Pertanto alla domanda “Perché il comune di Reggio Emilia riesce a spendere 21 milioni in cultura contro i 4 del Comune di Reggio?” E’ facile rispondere e credo che i dati parlino chiaro. 

E ancora vediamo cosa succede nel dettaglio per alcune imposte, es. per la Tariffa rifiuti esaminiamo la capacità di riscossione nell’esercizio di competenza (riscossioni della competenza/accertamenti della competenza):
Reggio Emilia percentuale di riscossione TARI di competenza: 76,57%
Reggio Emilia percentuale di riscossione TARI di competenza: 43,85%

Mentre il Comune di Reggio Emilia riesce a riscuotere oltre il 76% della tariffa rifiuti nell’anno di competenza, il Comune di Reggio Calabria si ferma a poco più del 43%, il risultato di tale “mancata riscossione” è:
1) l’accumularsi di debiti verso i fornitori e altri enti (nel caso dei rifiuti la Regione o l’ATO)
2) dover utilizzare altre risorse di bilancio per "tamponare" una parte dei mancati incassi (pena il blocco dell’erogazione dei servizi, nel caso in esame la raccolta rifiuti, ovvero l'impossibilità di conferire in discarica ecc.)
Quindi la mancata riscossione “costringe” il Comune di Reggio Calabria a “dirottare” risorse finanziarie su determinati capitoli di spesa piuttosto che altri.

Pertanto prima di pretendere ulteriori risorse dallo Stato Centrale noi calabresi dovremmo fare un'attenta analisi delle cause dei nostri problemi in merito alla carenza di risorse negli enti locali che appaiono abbastanza palesi e non sono certo da addebitarsi ad uno "scippo" dei comuni del nord Italia.